“Il fu Mattia Pascal” e un dipinto degli Uffizi

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di Damiano delle Fave

In una pagina de Il fu Mattia Pascal (1904) di Luigi Pirandello, impostata sul dialogo tra Adriano Meis e la signorina Caporale, viene fatto riferimento alla questione attributiva riguardante un dipinto degli Uffizi. Il che lascia ritenere che Pirandello fosse ben a conoscenza di questioni di storiografia artistica, da lui coltivate – come sappiamo – grazie anche all’amicizia con il critico d’arte Ugo Fleres. 

Nel capitolo XI, dal titolo Di sera, guardando il fiume, il dodicenne Meis si trova a Roma, in casa della famiglia Paleari in via Ripetta. Una sera, la signorina Caporale, maestra di pianoforte e affittuaria della casa, si accorge di un anello attorno al dito di Adriano Meis, il quale allora le racconta della circostanza in cui l’anello gli era stato regalato da suo nonno. Nonno che Mattia Pascal aveva deciso di inventarsi dopo avere dismesso la sua vecchia identità per costruirsene una nuova, avendo gettato via la fede matrimoniale e iniziato a osservare la vita degli altri. Ora questo nonno inventato, racconta Adriano, aveva voluto educare il nipote invitandolo all’esperienza del Grand Tour. Motivo per cui Meis racconta di aver visitato le città italiane insieme al nonno. Alla richiesta della Caporale, Meis risponde ricordando il giorno in cui ricevette in dono l’anello:

«Come vuole lei; ma guardi, io posso finanche dirle che il nonno m’aveva regalato quell’anellino a Firenze, uscendo dalla Galleria degli Uffizi, e sa perché? Perché io, che avevo allora dodici anni, avevo scambiato un Perugino per un Raffaello. Proprio così. In premio di questo sbaglio n’ebbi l’anellino, comprato in una delle bacheche a Ponte Vecchio. Il nonno infatti riteneva fermamente, non so per quali sue ragioni, che quel quadro del Perugino dovesse invece essere attribuito a Raffaello. Ecco spiegato il mistero! Capirà che tra la mano d’un giovinetto di dodici anni e questa manaccia mia, ci corre. Vede? Ora sono tutto così, come questa manaccia che non comporta anellini graziosi […]»

Siamo in una delle sale degli Uffizi, davanti ad un quadro di età rinascimentale, che però non viene descritto. Da uno scambio di battute tra Adriano Meis e suo nonno ricaviamo che si trattava di un’opera creduta nientemeno che di Raffaello.

Alcuni dei temi fondamentali del romanzo si affacciano proprio in questa pagina: il legame fra vecchio e giovane, lo scambio d’identità, il riconoscimento, la paternità e l’autografia. Però, quello che qui vorrei porre in evidenza è il riferimento alla visita degli Uffizi e, dunque, alla “cultura dei conoscitori”, ovvero alla connoisseurship e ai metodi dell’attribuzionismo che erano in voga alla fine dell’Ottocento. Ora, due figure centrali di tale panorama storico erano quelle di Giovanni Morelli (1816-1891) e del già menzionato Ugo Fleres (1857-1939).

Il primo, storico dell’arte, laureato in medicina a Monaco di Baviera, modificò con le sue proposte di attribuzione le schede di catalogo di molte opere conservate nei più importanti musei d’Europa, tra i quali anche gli Uffizi. Le attribuzioni di Morelli erano basate sull’osservazione dei dettagli delle figure dipinte: della curva dei lobi delle orecchie, del naso o delle falangi delle mani, quasi riconoscendovi delle firme involontarie dell’artista. Ma ricordiamo in che modo le dita del Meis fossero fatte oggetto di osservazione da parte della Caporale!

Ugo Fleres invece era pittore, critico d’arte, viceispettore alle Belle Arti presso il Ministero della Pubblica Istruzione e dal 1908 direttore della Galleria nazionale d’arte moderna. Egli diventò amico del più giovane Pirandello quando si trasferì a Roma, all’inizio degli anni Novanta. Compagno di visite e di discussioni artistiche, portò Pirandello a frequentare la Roma delle riviste, dei circoli artistici, delle esposizioni, introducendolo nella prestigiosa cerchia di Luigi Capuana. 

In questo modo lo stesso Pirandello poté coltivare i propri personali interessi per la pittura italiana del primo Rinascimento[1]: visitando musei, chiese e pinacoteche e ricavandone spunti e informazioni da rielaborare nei suoi testi[2].

A proposito del rapporto con Fleres, vorrei citare una lettera del 30 ottobre 1893 alla sorella Lina, in cui Luigi menzionava i due pittori cui farà riferimento la pagina de Il fu Mattia Pascal poc’anzi citata: Perugino e Raffaello. Pirandello ricordava alla sorella di essere stato tre giorni a Perugia insieme all’amico Fleres:

«[…] per visitare i capolavori della scuola umbra, i quadri e gli affreschi di Pietro Vannucci detto il Perugino e dei suoi alunni, primo tra’ quali Raffaello Sanzio. Intenderai facilmente quanto abbia goduto! C’è fra l’altro a Perugia una stanzetta, presso la chiesa di San Severo, a una parete della quale Raffaello ancora giovinetto lasciò inc​ompleto un affresco sacro mirabilissimo per intensità e colore, anima e agilità di disegno. Dopo vent’anni, il Perugino, che sopravvisse al suo diletto allievo, volle, già vecchio, finire quell’affresco […]»[3]

Raffaello, Perugino, Trinità con sei santi benedettini in alto, altri sei santi intorno alla nicchia in basso, affresco, 1505-1521, Perugia, chiesa di San Severo

Perugino o Raffaello?

In conclusione, il dipinto su cui Adriano Meis e il nonno si confrontano nella sala degli Uffizi, è un’opera da attribuire a Perugino o a Raffaello? 

Ebbene, il Ritratto di giovane (1485-90) sui essi si trovano di fronte è solitamente attribuito a Perugino. Arrivato agli Uffizi nel corso del XIX secolo, era stato catalogato come opera di Lorenzo di Credi, riconoscendosi nel ritrattato Alessandro Braccesi, segretario della Signoria. In seguito, l’attribuzione passò a Jacopo Francia e persino a Raffaello. Soltanto il Morelli intuì la paternità del Perugino.


[1] Sulla questione si rimanda a C. Di Lieto, Luigi Pirandello pittore, Marsilio, Venezia 2012.

[2] F. Matitti, Luigi Pirandello e le arti figurative, in Catalogo della mostra Legami e corrispondenze. Immagini e parole attraverso il 900 romano, a cura di F. Pirani, G. Raimondi, Roma, Galleria d’arte moderna, 28 febbraio-29 settembre 2013, catalogo Palombi, Roma 2013, p. 306.

[3] R. Marsili Antonetti, I Pirandello e la pittura, in Catalogo della mostra I Pirandello ritornano al Caos: la pittura passione artistica della famiglia, a cura di A. Perniciaro, F. Capobianco, C.A. Iacono, Biblioteca-Museo Luigi Pirandello, Agrigento 2003, p. 31.

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