“Gradiva. Il delirio e i sogni nella ‘Gradiva’ Di Wilhelm Jensen” di Sigmund Freud

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di Vivian De Dominicis

È un saggio pubblicato nel 1907 da S. Freud in cui lo psicologo compie una vera e propria analisi psicoanalitica di un’opera letteraria, che gli offriva la materia per confermare le teorie che in quel periodo andava elaborando: si tratta della novella Gradiva: una fantasia pompeiana, scritta dal tedesco Wilhelm Jensen nel 1903.

La novella racconta la storia di un giovane archeologo tedesco, Norbert Hanold, il quale scopre in un museo di antichità a Roma un bassorilievo, in cui è riprodotta una giovane ragazza che cammina: rimane affascinato dal suo insolito, grazioso e solenne modo di incedere (come il dio “Mars Gradivus”, l’avanzante, da qui il nome “Gradiva”), al punto che decide di procurarsi un suo calco in gesso da portare nel proprio studio. L’interesse per l’opera e per la fanciulla rappresentata ben presto diviene ossessione che gli provoca strani sogni ed è tale da creare nella sua mente una collocazione geografica (Pompei) e cronologica (79 d.C.) della “Gradiva”; non solo, la smania lo porta anche a ricercare nelle donne reali, a lui contemporanee, considerate fino a quel momento come un fastidio, lo stesso modo di camminare, per arrivare poi a decidere di intraprendere un viaggio prima a Roma, poi a Pompei, sulle tracce dell’impronta del piede della fanciulla sulla cenere.
A Pompei accade un evento risolutore: incontra la “Gradiva”, la fanciulla che Hanold crede una specie di fantasma e che continua a importunare con le sue stranezze, parla tedesco ed è tutt’altro che morta, è viva e vegeta e decide di accettare il transfert che le viene proposto, cioè guidare Hanold attraverso i suoi deliri nella speranza di guarirlo. La ragazza si chiama Zoe Bertgang e, man mano che si sgretola il delirio, gli svela gradualmente la sua identità: è una sua amica di infanzia, la quale al tempo provava profondo affetto e amore per lui, ma che purtroppo non era stata ricambiata poiché Hanold era troppo preso dai suoi interessi archeologici. Il giovane si sente come slavato da una follia che lo aveva posseduto per tanto tempo e nota come straordinariamente il cognome di Zoe equivalga a “Gradiva”, significando “colei che risplende nel camminare”. Capiti i suoi errori e accettato l’amore che per tanto aveva represso, chiede alla ragazza di sposarlo. 

Freud rimane affascinato da quest’opera, segnalatagli da Jung, dove il protagonista è vittima di sogni strani e idee deliranti dal sapore artistico, archeologico: vede in essa una scoperta intuitiva, pratica di quanto la psicoanalisi metteva in luce a livello concettuale. 

Nell’opera, che rappresenta per Freud l’esposizione poetica di un vero e proprio caso clinico, si trovano gli elementi necessari per definire alcuni elementi cardine della psicoanalisi come quella di rimozione, delirio, inconscio, paranoia ritorno del depresso, soddisfazione sublimata dal desiderio ecc. 

Il protagonista è visto come un paziente affetto da deliri e che intraprende un “trattamento psichico” grazie a Zoe, la quale gli permetterà di tornare alla realtà in cui la fine della terapia coincide con il classico lieto fine (il matrimonio). 

Ogni elemento della novella sembra fatto apposta per la psicoanalisi, dalla vita interiore del protagonista che viene narrata da Jensen in corrispondenza con gli schemi della psicologia del profondo, dall’effetto catartico che Zoe ottiene grazie alla sua tecnica simile a quella di uno psicanalista, al linguaggio simbolico che caratterizza tutta l’opera: ciò permette a Freud di ripercorrere la novella interpretandola e traducendola dal linguaggio poetico a quello scientifico della psicoanalisi. 

È essenziale, poi, per Freud una riflessione sul rapporto tra quest’ultima e l’arte, che approfondisce quando sostiene che poeti e psicoanalisti sono accomunati dalla stessa ricerca nel terreno dell’inconscio e del sogno («quei sogni che non sono stati inventati da alcuno e che invece sono stati inventati dai poeti»). 

Per Freud gli artisti sono alleati preziosi, in quanto riescono ad attingere a fonti non ancora accessibili agli scienziati, come appunto l’inconscio; a conferma di questa affinità tra arte e psicoanalisi, Freud interpellò diverse volte Jensen, interrogandosi sul problema della natura profonda e delle fonti inconsce della produzione poetica, ma l’autore della novella, negando di conoscere la psicoanalisi e la psichiatria, convinse dell’esistenza della “sapienza poetica”.

Il saggio di Freud dovrebbe accompagnare la lettura della novella di Jensen, in quanto permette di cogliere particolari che altrimenti sarebbero difficilmente evidenziabili. 

Il rilievo di cui si invaghisce il giovane archeologo oggi si trova ai Musei Vatican. Esso è parte di una composizione che prevede una triade femminile avanzare da destra, contrapposta ad altre tre fanciulle raffigurate sui rilievi che ora si trovano in diversi mesi, derivate probabilmente da un originale greco del IV secolo a.C. Lo stesso Freud, collezionista di arte antica, ne fece fare una copia, poi posta nel suo studio.

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