di Emanuela Marino
Giugno 1580. L’erudito Michel Eyquem signore di Montaigne decide di intraprendere un viaggio attraverso la Francia, la Svizzera e la Germania per giungere infine in Italia.
Sebbene non fosse destinato alla pubblicazione, il resoconto manoscritto del suo viaggio venne dato alle stampe per la prima volta quasi duecento anni dopo, nel 1774, con il titolo di Journal de Voyage en Italie, e fu scritto in buona parte da un famiglio di Montaigne di cui non è noto nient’altro che la grafia su quasi tutta la prima metà del manoscritto originale – che si alterna a quella ben nota di Montaigne – ma che dal testo risulta essere tutt’altro che uno sprovveduto dal punto di vista culturale.
A questo famiglio tuttofare, impegnato a rendicontare nel diario le giornate di viaggio, a cercare alloggi e curare i bagagli per il suo signore, Luca Romano dedica nel 2018 un romanzo dal titolo Il segretario di Montaigne, edito da Neri Pozza Editore.
Nel romanzo, l’anonimo collaboratore è fantasiosamente identificato in Jacques-Marie Costeau, un soldato in fuga dai conflitti tra cattolici e protestanti che infuocano la Francia del XVI secolo.
Ferito ed esausto, Costeau giunge per caso al castello di Montaigne, che rappresenterà per lui un nuovo inizio e delle nuove possibilità di rinascita ad una nuova vita.
Il signore di Montaigne è infatti alla ricerca di un nuovo segretario, avendo egli una scrittura illeggibile e la vista che ormai inizia a stancarsi sempre più spesso. Impone però due condizioni al soldato: appendere la sua spada al muro e curare la propria igiene personale almeno una volta alla settimana. Costeau accetta e inizia così la sua nuova vita, diventando non solo il segretario al quale Montaigne detterà i suoi Saggi per anni, ma anche colui che si occuperà della salute del suo signore durante i momenti bui e di malattia. Oltre a soffrire di calcoli renali, Montaigne ha infatti un animo profondamente tormentato dalla melanconia, e sarà Costeau a fornirgli un pretesto per combattere questo suo stato d’animo, che era arrivato al punto da impedirgli di abbandonare il letto: un itinerario di viaggio che doveva condurli a Roma.
Montaigne si convince e decide di lasciare la tranquillità del suo castello per avventurarsi, assieme a suo fratello Mattecoulon, Costeau e a due altri gentiluomini, il signore di Hautoy e Charles d’Estignac, in un viaggio che gli farà vivere e conoscere gli usi, le tradizioni e le abitudini dell’Urbe e dei suoi abitanti.
È a questo punto che la narrazione si trasforma, e passa da una dimensione chiusa e intimista, incentrata sulle vicende di Montaigne e sulla caratterizzazione psicologica dell’erudito francese, ad una visione più ampia e complessa dalla quale emergono con forza dirompente le numerose sfaccettature e le brutture della società romana dell’epoca. Cominciando dai doganieri di Roma, spietati e corrotti, che all’arrivo dei viaggiatori sequestrano a Montaigne tutti i libri che aveva portato con sé, per inviarli direttamente al Sant’Uffizio; passando poi per il ghetto ebraico, con i suoi rituali e le sue pratiche religiose, e il lancio fin troppo facile dei guanti di sfida, cui fanno seguito i duelli all’interno della scuola di scherma ma anche gli incontri illegali, che vedono protagonisti Mattecoulon, Costeau e alcuni gentiluomini della nobiltà romana dell’epoca.
Le pagine scorrono veloci, la narrazione è accattivante e mai banale, i personaggi risultano credibili e ben caratterizzati, segno che l’autore conosce ampiamente la personalità e le opere del letterato francese.
A partire dal Voyage en Italie, redatto realmente da Montaigne e dal suo sconosciuto assistente, Luca Romano ci restituisce dunque un romanzo che unisce realtà storica e invenzione in maniera impeccabile.
E chissà che la vera storia dell’anonimo famiglio di Montaigne non sia stata proprio questa.