Il Codice da Vinci (2003)

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di Renato Trotta

Non tutte le opere di narrativa possono vantare la popolarità, ma neanche le critiche spietate che hanno investito Il Codice da Vinci, un romanzo che ha infiammato l’immaginario dei lettori di tutto il mondo, ottenendo un successo clamoroso ma suscitando nel contempo l’indignazione generale da parte di quasi tutti gli studiosi di arte e di storia.

Ne è autore lo statunitense Dan Brown che lo ha pubblicato nel 2003. Si tratta del secondo thriller della saga che ha come protagonista il professore di simbologia di Harvard, Robert Langdon: lo ha peceduto Angeli e Demoni, apparso nel 2000 e concepito secondo una stessa struttura narrativa, frenetica e ricca di colpi di scena, quegli stessi che gli hanno assicurato un successo enorme. 

In sintesi, la trama di questo secondo romanzo. A Parigi, Jacques Saunière, curatore del Louvre, viene trovato morto nelle sale del più famoso museo del mondo, circondato da una serie di simboli oltremodo criptici. Robert Langdon, il professore di storia dell’arte che conosciamo dal precedente romanzo, in Francia per una serie di conferenze, è accusato ingiustamente della morte di Saunière e costretto a fuggire. Nella fuga è aiutato dalla criptologa Sophie Neveu, nipote adottiva di Saunière,  misteriosamente assassinato. Seguendo il percorso di simboli esoterici, i due fuggitivi si troveranno a condurre un’indagine nientemeno che sulle origini del mondo cristiano, all’inseguimento di oscure società segrete da secoli responsabili di azioni efferate. Ripercorrendo le tappe della Cristianità fin dai suoi albori e seguendo le testimonianze sul fantomatico Priorato di Sion, da sempre ostacolato dalla feroce Opus Dei, Langdon arriverà a scoprire la verità su uno degli oggetti più sacri del mondo Cristiano: il Sacro Graal.  

Le copie vendute hanno raggiunto numeri da capogiro. Dal romanzo, le cui caratteristiche ricordano quelle dei blockbuster hollywoodiani, nel 2006 è stato tratto un film, diretto da Ron Howard.  

Tuttavia Il Codice da Vinci è stato pesantemente criticato da importanti storici e teologi che hanno smontato le teorie più eccentriche presenti nel romanzo, tant’è che esiste un’abbondantissima bibliografia sulle inesattezze ivi contenute.  

Intanto, la prima pecca del romanzo risiede nella dichiarazione dell’autore, pronunciata ancor prima di dare avvio alla vicenda, laddove afferma che “tutte le descrizioni di opere d’arte, architetture, documenti e rituali segreti nel libro corrispondono al vero”.  

Riferimenti artistici 

Nel corso del racconto vengono fatti diversi riferimenti al mondo dell’arte, in particolare ad una serie di presunti significati nascosti dietro alcuni importanti capolavori artistici.  

Particolarmente sconcertante appare l’ambientazione in cui si apre e si chiude l’azione narrativa, all’interno del museo del Louvre, avendo come cornice le sale in cui sono custodite opere  tra le più importanti della storia dell’arte occidentale, alle quali peraltro fa riferimento il libro. 

Una posizione di rilievo ricopre la figura di Leonardo da Vinci i cui dipinti e disegni offrono a Dan Brown un pretesto per costruire delle teorie tanto affascinanti quanto inverosimili. Non mancano, per esempio, riferimenti all’Uomo Vitruviano, con cui il maestro aveva illustrato le perfette proporzioni del corpo umano iscrivibile contemporaneamente dentro le forme geometriche perfette del quadrato e del cerchio. Prima di morire dissanguato, Jacques Saunière  assume la posizione stessa dell’Uomo Vitruviano, con l’intenzione di indicare così l’accesso ad un percorso criptato e simbolico legato in qualche modo a Leonardo.  

Una delle sezioni più intriganti del racconto propone una rilettura fantasiosa dell’Ultima cena, che è fatta oggetto di una lectio tenuta da Sir Leigh Teabing, uno dei personaggi più importanti dell’intero romanzo. Le opere di Leonardo si fanno foriere di significati esoterici che ricondurrebbero nientemeno che all’appartenenza di Leonardo al Priorato di Sion, la cui missione sarebbe stata quella di salvaguardare l’eredità di Maria Maddalena, ovvero il Sacro Graal, preservandone la memoria attraverso un intricato percorso fatto di rimandi ai vangeli apocrifi, di codici criptati e di simboli esoterici applicati all’arte. Almeno secondo Dan Brown.

Inoltre, alla luce della straordinaria inventiva di Leonardo nel campo dell’ingegneria meccanica, Dan Brown ha pensato bene di attribuirgli anche l’invenzione del cosiddetto cryptex, un curioso dispositivo fittizio che compare nel romanzo, entro il cui codice sarebbe racchiuso il segreto del Sacro Graal.  

Grande importanza assumono nel romanzo le sequenze numeriche. Sophie Neveu, di professione criptologa, è stata addestrata fin dalla giovane età a rompere codici numerici, proprio per potere rivestire un ruolo di spicco all’interno del Priorato di Sion. Nel romanzo, la sequenza di Fibonacci e la sezione aurea (φ, phi) assumono una valenza mistica anche agli occhi degli artisti, nel suggerire un legame tra micro e macrocosmo nella natura, nonché tra l’uomo e Dio.  

Non mancano all’interno del romanzo alcuni riferimenti alle opere architettoniche. Ad esempio, lo gnomone o meridiana della chiesa di Saint-Sulpice a Parigi viene poeticamente chiamato la “linea della rosa”, ricollegandolo ad una mitica tradizione che risalirebbe a Maria Maddalena. Tuttavia, la meridiana di Saint-Sulpice, realizzata nel 1743, non starebbe ad indicare il Meridiano di Parigi come esplicitato nel romanzo, ma piuttosto servirebbe a calcolare le feste del calendario liturgico cristiano sulla base di calcoli astronomici. 

Inoltre, più avanti, nella storia narrata da Dan Brown, i personaggi si recano in Inghilterra, dove avranno modo di entrare in diversi luoghi sacri, come Temple Church e Westminster Abbey, a Londra, e la cappella di Rosslyn, in Scozia.  Ma  la cappella di San Matteo a Rosslyn, paesino vicino a Edinburgo, rievoca motivi templari anacronistici rispetto alla sua costruzione, i quali si mischiano con numerose raffigurazioni dell’entità celtica “Green Man”. Il celebre soffitto della cappella contribuisce ad accrescere l’aura di mistero che la circonda, poiché i suoi motivi decorativi custodirebbero, secondo alcuni studiosi, un codice enigmatico oltre a un vero e proprio spartito musicale ancora non decifrato. La leggenda di un tesoro inestimabile sepolto nella cripta della cappella ha accresciuto l’aura di mistero della splendida struttura. A Rosslyn terminerà la ricerca del Sacro Graal, col ritrovamento delle linee genealogiche di Maria Maddalena e con l’arrivo dei membri del Priorato. 

Ma la vera conclusione di tutta la storia si ha nelle pagine finali del libro, con un’ultima intuizione di Langdon che crede di aver trovato il luogo di sepoltura della Maddalena: la piramide invertita, presso il Louvre, che racchiude in sé i numerosi significati in cui Langdon si è imbattuto nella sua avventura, con particolare riguardo alla comunione di maschio e femmina, di spada e coppa, di piramide e piramide invertita. 

Alcune critiche storico-artistiche 

La gran parte delle informazioni date dall’autore a proposito dei più famosi capolavori artistici sono inesatte. Significati, interpretazioni e storia di importantissimi dipinti ed opere architettoniche sono stati stravolti in modo che si incastrassero con le necessità narrative del racconto. 

Caso emblematico di una così clamorosa deformazione dei fatti della storia dell’arte riguarda proprio l’Ultima Cena. Il dipinto parietale commissionato da Ludovico il Moro a Leonardo alla fine del XV secolo, descritto nel romanzo da Teabing a Sophie, nella finzione letteraria di Dan Brown serve a dimostrare che la Maddalena e Gesù Cristo fossero sposati. In realtà, la figura di San Giovanni, inteso dal romanziere come Maria Maddalena, dipende dall’iconografia tradizionale: si vedano le rappresentazioni dell’Ultima Cena di Domenico Ghirlandaio e Luca Signorelli, a Leonardo ben note. 

Un’altrettanto ardita e fantasiosa deformazione storica riguarda la Gioconda. Nel racconto di Dan Brown, il nome Monna Lisa sarebbe derivato della crasi tra i nomi delle divinità egizie maschile, Amon, e femminile, Iside. Tale interpretazione è decisamente insensata, dal momento che Monna Lisa (o Madonna, Monna in italiano arcaico) era la moglie di Francesco del Giocondo, come ricordato dal Vasari. Le ipotesi su chi sia rappresentato davvero nella Gioconda sono ancora argomento di studio. 

Un’ennesima incomprensione da parte dell’autore riguarda Temple Church, la chiesa in cui i protagonisti cercano gli ultimi indizi per arrivare al Sacro Graal. La pianta circolare del tempio, lungi dall’essere un isolato riferimento al Tempio di Salomone e al Sole pagano, si ispira piuttosto al Santo Sepolcro di Gerusalemme, la cui rotonda ad ambulacro fornisce un modello per innumerevoli chiese in tutta Europa. Tra i molti esemplari di chiese che si rifanno alle forme del Santo Sepolcro possiamo ricordare a Roma il Tempietto di San Pietro in Montorio, progettato da Bramante; la struttura circolare del Sepolcro si ritrova infatti in molti schizzi preparatori e progetti architettonici di artisti, specialmente a cavallo del XV e del XVI secolo. 

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