L’arte secondo Tomasi Di Lampedusa nell’incipit del “Gattopardo” 

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di Monica Blesi

Le donne si alzavano lentamente, e l’oscillante regredire delle loro sottane lasciava a poco a poco scoperte le nudità mitologiche che si disegnavano sul fondo latteo delle mattonelle. Rimase coperta soltanto un’Andromeda cui la tonaca di Padre Pirrone, attardato in sue orazioni supplementari, impedì per un bel po’ di rivedere l’argenteo Perseo che sorvolando i flutti si affrettava al soccorso ed al bacio. Nell’affresco del soffitto si risvegliarono le divinità. Le schiere di Tritoni e di Driadi che dai monti e dai mari fra le nuvole lampone e ciclamino si precipitavano verso una trasfigurata Conca d’Oro per esaltare la gloria di casa Salina, apparvero di subito colme di tanta esultanza da trascurare le più semplici regole prospettiche: e gli Dei maggiori, i Principi fra gli Dei, Giove folgorante, Marte accigliato, Venere languida, che avevano preceduto le turbe dei minori, sorreggevano di buon grado lo stemma azzurro col Gattopardo. Essi sapevano che per ventitré ore e mezza, adesso, avrebbero ripreso la signoria della villa.

La vicenda del “Gattopardo”, narrata con incredibile prosa, è piena di personaggi in carne ed ossa, ma anche costellata di figure artistiche e simboliche sin dal suo incipit, dove compare il termine «rococò», adoperato in riferimento al fastoso soffitto della cappella del palazzo Salina.

Vito d’Anna, soffitto della navata di San Matteo al Cassaro, Palermo

Dopo la cosiddetta “recita dell’orazione” (quasi che tutte le figure presenti sotto il tetto di villa Salina siano da considerare semplici attori con parti principali e secondarie) le immagini poste sulle mattonelle ai piedi dei personaggi cominciano a svelarsi, uscendo allo scoperto sotto le sottane. La rappresentazione che maggiormente spicca è quella del mito di Perseo ed Andromeda, famosissimo episodio delle “Metamorfosi” di Ovidio, rivisitato dai più grandi pittori della storia (Tiziano Vecellio, Annibale Carracci, Pieter Paul Rubens tra i tanti). Esempio di eroismo e di grande coraggio, l’immagine esalta la forza che i membri della casa dovrebbero possedere ed esercitare sulle terre sotto il loro dominio, le quali, però, stanno lentamente scomparendo dalle loro proprietà. 

Sul soffitto, invece, appare un particolare affresco costellato di divinità. Descritto come pieno di irregolarità prospettiche causate da un’estrema esultanza da parte dei suoi personaggi, l’immagine raffigura vari Dei e figure mitologiche dirigersi verso la Conca d’Oro, valle e culla della città di Palermo. In particolar modo, Giove, Marte e Venere, i più importanti dell’Olimpo, sorreggono lo stemma azzurro del Gattopardo, incarnato dal Principe Fabrizio Salina. 
Pur essendo una consuetudine tipicamente medievale, lo stemma araldico sorretto da figure mitologiche è uno degli argomenti più riproposti nella lunga storia degli affreschi commemorativi e, in questo romanzo storico, non può non essere sottolineato quale fulcro di uno dei luoghi più importanti della casa. La potenza dei Salina, ormai quasi svanita, riecheggia con grande forza nella descrizione di queste immagini e si contrappone alla realtà dei fatti, dove l’antico diritto del Gattopardo è ormai perduto irrimediabilmente.

Ed è forse proprio per questo motivo che le immagini dell’incipit sono particolarmente suggestive e rimangono vive nella mente del lettore. Infatti, la contrapposizione con i personaggi vivi del libro viene, in questo modo, soltanto accentuata. Al di sotto di queste splendide figure dipinte, piene di grazia ed energia, la stirpe di casa Salina si disintegra inesorabilmente e gli Dei non sono altro che spettatori del dramma che si consuma, passo dopo passo, sotto il loro impotente sguardo. 

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