Artificial Hell. Tra pittura visionaria e GAN-visionismoArtificial Hell.

by admin
0 comment

di Marco Pochesci

L’Inferno della Divina Commedia illustrato da 21 stampe realizzate attraverso l’utilizzo di un software basato sul sistema “text-to-image”, in breve, un programma di Intelligenza Artificiale che genera immagini a partire da una descrizione testuale. Le opere GAN-visioniste, esposte al MAXXI, sono state create a partire da strumenti fondati su Generative Adversarial Networks[1], cioè algoritmi alla base di una IA generativa, guidata, in questo caso, da Riccardo Boccuzzi. L’artista GAN-visionista “addestra” l’IA con una serie di dati e informazioni; degli input rappresentati da una descrizione semantica di ciò che vuole sia raffigurato nell’immagine che il software creerà dopo aver passato in rassegna l’immenso mondo delle reti telematiche. Afferma Boccuzzi in un’intervista: «L’IA andrà a pescare nei suoi ricordi (dati e informazioni nel web) per poi interpolare tra loro i ricordi più adatti (compimento di una scelta) e produrre l’opera[2]».

Le immagini prodotte, quindi, in termini semplificati (forse troppo), sono il risultato di una ricerca sul web eseguita da un software di IA seguendo delle indicazioni assegnate dall’utente che sta utilizzando il programma e che alla fine sceglierà quale delle raffigurazioni create sarà la più adatta alle sue esigenze.

Senza soffermarci troppo sui dettagli tecnici che riguardano la realizzazione delle immagini, le opere esposte presentano delle caratteristiche particolari da un punto di vista “stilistico”[3]. La visionarietà della Commedia dantesca si riflette, ovviamente, nelle raffigurazioni prodotte dall’IA. Una delle indicazioni che l’artista ha suggerito al software è stata “gotico”, come segnalato nel catalogo della mostra, così l’IA sembra sia andata a recuperare informazioni nell’immaginario del romanzo gotico e dell’arte fantastica e visionaria dell’Ottocento. Già a partire dalla seconda metà del Settecento si avvia la grande voga del revival gotico in ambito letterario con i cosiddetti “romanzi neri” ambientati in atmosfere e luoghi tenebrosi, tematiche citate anche da Edmund Burke ne “Il Sublime”[4] in cui afferma che la bellezza non è data solo dall’armonia del bello tipicamente classica, ma anche da emozioni che provocano inquietudine come l’orrore o la paura, sensazioni che definiscono quindi il sublime. In ambito figurativo, dalla fine del Settecento e soprattutto in Inghilterra, avanza un filone di pittura fantastica e visionaria che pone le basi teoriche anche nel Sublime di Burke, ma allo stesso tempo entra in contrasto con la cultura artistica contemporanea rappresentata dalle accademie. Una delle testimonianze più significative di questo difficile rapporto è firmata William Blake, con le sue annotazioni ai “Discourses” di Joshua Reynolds iniziate nel primo decennio dell’Ottocento, attraverso cui si scaglia verso il primo presidente della Royal Academy of Arts di Londra. Prende le difese del gruppo di artisti che, dagli anni ’70 del Settecento avevano dato vita a un certo senso di rinnovamento della pittura contemporanea, Johann Heinrich Fussli, John Hamilton Mortimer e James Barry, definiti da Geoffrey Grigson[5] i “pittori dell’abisso”. Il trio era legato, da un punto di vista artistico, da quel disinteresse verso la pittura accademica, verso la grazia del disegno, gli accordi cromatici. Ricercavano invece l’irreale, la raffigurazione di una loro realtà astratta di idee e di sentimenti che non trovava corrispondenza con l’arte inglese contemporanea di Reynolds o Gainsborough.

Nel 1810 Friedrich Overbeck scrive un saggio intitolato Le tre vie dell’arte per dare un contributo, anche teorico, alla confraternita nazarena. In questo testo descrive la prima strada «diritta e semplice della natura e della verità», mentre la seconda è quella della Fantasia, esattamente l’opposto della prima. Scrive Overbeck: «La seconda strada è la strada della Fantasia che porta attraverso un paese di favole e di sogni. […] Va su e giù attraverso precipizi terrificanti e lungo abissi profondi. […] Il suo ambiente è strano, di solito immerso nella notte, soltanto lampi improvvisi illuminano intermittentemente i precipizi terribili e minacciosi. La strada spesso porta direttamente ad una parete rocciosa ed entra in un oscuro crepaccio popolato di strane creature. […] Così come questo territorio è in ogni suo aspetto l’opposto del territorio della Natura, ne sono l’opposto anche i suoi abitanti. Nell’altro territorio la strada è sempre affollata di viaggiatori, qui di solito è vuota. […] La traccia luminosa di Michelangelo splende sopra tutti in queste tenebre. Quello che distingue questa strada dall’altra è il colossale e il sublime. […] Qui tutto è raro, nuovo, unico. La mente del viaggiatore non è mai tranquilla: gioia e terrore sfrenato, paura e speranza l’assalgono a turno[6]». Questi continui riferimenti a precipizi, abissi, profondità tenebrose popolate da strane creature richiamano alcune delle stampe di Artificial Hell, anche perché fanno parte dell’immagine che abbiamo dell’inferno. La descrizione di Overbeck della strada della Fantasia sembra proprio il punto di partenza del lavoro dell’accoppiata Boccuzzi-IA. Così come sembra esserlo per alcune opere di John Martin, pittore e incisore inglese, coetaneo dello stesso Overbeck. Attivo nella prima metà dell’Ottocento, Martin con le sue visionarie composizioni, spesso di carattere apocalittico, si avvicina molto alle raffigurazioni dell’Inferno artificiale, riprendendo le ambientazioni delineate da Overbeck immerse nella notte con lampi improvvisi che illuminano precipizi terribili e minacciosi. In particolare, alcuni dei suoi ultimi lavori risalenti ai primi anni Cinquanta dell’Ottocento, come la Distruzione di Sodoma e Gomorra (The Destruction of Sodom and Gomorrah) del 1852 oggi alla Laing Art Gallery di Newcastle, o il trittico del Giudizio realizzato tra il 1851 e il 1853. La trilogia è composta dal Giudizio Finale (The Last Judgement), Le Pianure del Paradiso (The Plains of Heaven) e Il grande giorno dell’ira di Dio (The Great Day of His Wrath). Le quattro opere citate sono le ultime fatiche di Martin nelle quali sono presenti molti dei caratteri descritti da Overbeck nell’Ottocento e ripresi da Artificial Hell due secoli dopo. Un altro tema che ricorre spesso nelle raffigurazioni dell’artista britannico è l’ambientazione tempestosa e anche in questo caso possiamo trovare un riferimento con alcune delle stampe dell’inferno artificiale, ad esempio nell’illustrazione Paolo e Francesca, in cui le due figure sono immerse e avvolte dall’impeto delle acque, come nel Diluvio (The Deluge, 1834), o nella Distruzione di Tiro (The Destruction of Tyre, 1840). Un ultimo paragone riguarda la rappresentazione di Dante e Virgilio giunti davanti al Castello degli Spiriti Magni nel Limbo (non esposta al Maxxi ma comunque parte delle creazioni di Boccuzzi-IA). Al centro svetta una sorta di fortezza medievale racchiusa da alte mura di cinta con all’interno due grandi torri circolari, intorno una leggera nebbia sembra avvolgere il castello. Allo stesso modo John Martin raffigura il Castello di Chepstow (Moonlight – Chepstow Castle), situato nel sud del Galles, in un acquerello del 1815, oggi conservato alla Art Gallery of South Australia di Adelaide. Su una stradina in primo piano un pastore, più concentrato sui suoi animali in realtà, e una figura di spalle osserva il castello in lontananza così come fanno Dante e Virgilio in una rappresentazione che ha un gusto quasi romantico. 

In conclusione la serie realizzata dalla coppia Riccardo Boccuzzi-IA non presenta alcuna novità da un punto di vista figurativo, tutto già visto e mescolato insieme: riferimenti storico-artistici, a cui abbiamo già accennato, cinematografici e anche al mondo videoludico, si pensino alle ambientazioni gotiche di alcuni videogiochi sviluppati dalla software house FromSoftware e diretti da Hidetaka Miyazaki come, ad esempio, Bloodborne (2015). La novità, se così vogliamo chiamarla, sta nel modo in cui sono state ideate queste illustrazioni, cioè l’utilizzo di un programma di intelligenza artificiale a cui, però, molti artisti di oggi si stanno avvicinando, sperimentando nuove possibilità di produzione creativa grazie a queste tecnologie. Credo sia necessario mantenere un equilibrio nella valutazione dei nuovi orientamenti artistici senza demonizzare eventuali “aiuti tecnologici” a cui gli artisti possono fare riferimento. L’importante sarà cercare di storicizzare il processo creativo che porta all’opera e capire dove arriva il merito dell’artista e dove quello della macchina, in un periodo in cui lo sviluppo tecnologico e del digitale è più veloce dello scorrere del tempo.  


[1] Occhipinti C. (a cura di), Artificial Hell. Creazione GAN-visionista di Riccardo Boccuzzi, catalogo della mostra curata da Elisabetta Bruscolini, 2024

[2] https://www.quidmagazine.com/index.php/collecting-views-2/2114-artificial-hell-di-riccardo-boccuzzi-in-collaborazione-con-il-eberhard-co

[3] Sullo stile delle opere d’arte create dall’IA si rimanda ai saggi del catalogo della mostra.

[4] E. Burke, A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful, Londra, 1757.

[5] G. Grigson, Painters of the Abyss, in Architectural Review vol. CVIII, 1950.

[6] Traduzione tratta da G. Briganti, I pittori dell’immaginario. Arte e rivoluzione psicologica, Milano Electa, 1989, pp. 114-115

You may also like