di Gaia Marche
All’inizio del romanzo storico che Melania Mazzucco dedica alla vita di Tintoretto, La lunga attesa dell’angelo (2008), il lettore incontra il famoso telero del Miracolo dello schiavo. La scena vede il pittore dinnanzi ad alcuni soci della Scuola Grande di San Marco, committenti dell’opera, i quali esprimono la loro disapprovazione per l’opera che era loro presentata, ritenendola orrenda per quei colori acidi e freddi e le figure rese in posizioni forzate ed innaturali, prive di decoro. Tutto questo nel romanzo viene raccontato in prima persona dallo stesso Tintoretto. Ma ai committenti appare ancora più sconcertante che il pittore non abbia reso gloria a San Marco, come invece avevano espressamente richiesto, raffigurandolo in maniera così indecorosa.
La scena si chiude col pittore che se ne va con il Miracolo arrotolato. Ma come sempre accade, lo scandalo alimenta le chiacchiere, e le chiacchiere la fama: il nome di Tintoretto corre sulla bocca degli intenditori, e i soci della Scuola Grande di San Marco devono tornare a supplicarlo perché consegni nuovamente il quadro. Così l’artista racconta come proprio il Miracolo dello schiavo gli abbia cambiato la vita.
Ispirato a un racconto della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, l’opera rappresenta il momento in cui San Marco, patrono della città, appare miracolosamente scendendo dall’alto per salvare uno schiavo di fede cristiana, che si trova sul punto di essere torturato dal suo padrone per il suo credo. Il primo piano dell’opera è interamente occupato dai personaggi, il più appariscente dei quali è proprio San Marco che, scendendo dall’alto, interviene per salvare lo schiavo, che giace a terra nudo in attesa del martirio. A questa scena gli altri personaggi, che fungono praticamente da sfondo, reagiscono con un grande stupore, come rivelano le loro concitate posture. La folla è composta da molti uomini che indossano ampie vesti orientali e turbanti, trattandosi di turchi, tradizionali nemici dei veneziani, ritenuti da loro barbari e infedeli.
