Il coraggio di chiedere aiuto

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di Alice Mugnaini (Liceo artistico Pablo Picasso, Pomezia IV E)

Il libro che ho scelto di leggere è La metamorfosi di Franz Kafka. Inizialmente trovavo strano provare a immedesimarmi in un ragazzo che si trasforma in un insetto gigante, ma poi ho capito di dovermi immedesimare in un personaggio che in realtà si sente ed è un DIVERSO: e che per questo motivo tutti denigrano e maltrattano, e lui si sente solo, rinchiuso in un insetto a sua volta rinchiuso in una camera. Sappiamo tutti che sentirsi diversi dagli altri è il primo passo per sentirsi soli, isolati, non compresi. Si tratta di una sofferenza molto comune al giorno d’oggi: ed è in questo senso che ho letto Kafka. Ho sentito la sofferenza del suo personaggio e l’ho paragonata alla mia. Mentre leggevo mi sentivo come lui, soffrivo come lui, e cresceva in me la rabbia e il disprezzo verso la nostra società che non accetta il diverso. Così la prima immagine che ha illuminato la mia mente e in cui mi sono immedesimata è stata L’urlo di Edward Munch (1893, Galleria Nazionale, Oslo).

Ecco, vedo questo dipinto e vedo il personaggio di Kafka. La prima parte del libro è esattamente l’equivalente di questo dipinto: il personaggio di Kafka ha paura e urlerebbe, ha urlato tanto, ha chiesto aiuto, ma nessuno lo ha sentito. Eppure in tutti e due i casi ci sono delle persone intorno… persone che non vogliono sentire, fingono di non esserci. La richiesta di aiuto allora non è accolta, non compresa e non è la scelta giusta, benché facile, far finta di non ascoltare. È ciò che tutti dovrebbero capire, soprattutto oggi che le persone ad urlare sono tante e quelle che non ascoltano troppe.

La seconda parte del libro, invece, mi ha fatto pensare al quadro I nottambuli di Edward Hopper (1942, School of Art Institute, Chicago).

Edward Hopper è famoso come il pittore della solitudine. In questo dipinto non esiste interazione tra i personaggi raffigurati, che sono immersi nei loro pensieri. Insomma, Hopper vi rappresenta pienamente la solitudine.

Anche Gregor, in Kafka, prende coscienza del suo stato di solitudine. È consapevole di ciò che gli accadrà. Anzi ha avuto coraggio di mettere i familiari davanti alla sua condizione, nonostante che essi lo odiassero ancora di più. Oramai se ne sentono molte di storie così: famiglie che non si accorgono della debolezza o della sofferenza che sta attraversando il loro figlio e quando riescono a capire qualcosa è troppo tardi. Oppure persone che hanno paura del diverso e lo scansano come fosse un problema, ma in realtà, non lo sanno, il diverso sarebbe per loro il privilegio di conoscere tante più cose nel mondo e tante altre sfaccettature o altri pensieri.

Vorrei aggiungere che chiedere aiuto non è sbagliato; anzi, è un comportamento maturo! E dobbiamo pensare che se il desiderio di essere aiutati è tanto forte, sarà altrettanto forte la risposta e l’aiuto che ci verrà dato. Non dobbiamo aver paura a chiedere aiuto. Però l’urlo di Gregor, da solo, non è bastato. Urliamo tutti, allora, più forte, finché qualcuno ci sentirà. Sono sicura che qualcuno ad ascoltarci ci sarà sempre.

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