Da un’idea di Carmelo Occhipinti, la Storia dell’Arte vista attraverso i testi di narrativa.
Progetto realizzato con il sostegno di LazioInnova, nell’ambito del corso magistrale in Storia dell’arte dell’Università di Roma Tor Vergata e del master universitario di II livello in Nuove tecnologie per la comunicazione, il cultural management e la didattica della storia dell’arte, per una fruizione immersiva del patrimonio culturale.
Comitato direttivo: Carmelo Occhipinti, Claudio Castelletti, Carmine Nicola Chiodo, Eliana Monaca, Manuel Onorati, Ilaria Sforza, Jacqueline Spaccini
Comitato di redazione: Roberta Bonura, Rita Farci, Claudia Farini, Ludovica Ferrari, Francesca Gollo, Eleonora Guerrini, Giusy Longo, Lucrezia Lucchetti, Irene Musa, Santina Ottavi, Lara Ottocento, Anna Valeria Puzzo, Ginevra Sacripanti, Claudia Sferrazza, Davide Silvioli.
Tra le nove muse, figlie di Zeus e Mnemosyne, Calliope è la prima e la più illustre, così come la celebrano Esiodo, Platone e Ovidio, che nelle “Metamorfosi” la dice “maxima” fra tutte le sorelle. Già le invocazioni di Omero, rivolte a un’unica musa, sono forse destinate a lei, Calliope, la dea “dalla bella voce”. Anche i poeti latini, come Virgilio e Stazio, la invocano nelle protasi delle loro opere per richiedere il suo divino aiuto, necessario ad affrontare il tono elevato o le grandi difficoltà della poesia. Così pure Dante che nel “Purgatorio”, ispirandosi ai modelli romani, invoca e decanta Calliope, vittoriosa con le altre muse sulle pieridi, nella sfida narrata da Ovidio.
Fin dall’età arcaica, ella è ricordata come madre di Orfeo, il più grande aedo dell’Antichità, che eredita le sue virtù poetiche e musicali proprio da Calliope, poi riconosciuta universalmente come musa della poesia epica a partire dal periodo classico. La più significativa rappresentazione antica delle muse appare sul cosiddetto vaso François, dipinto da Kleitias e Ergotimos nel 570 a.C. circa. Qui le muse, indicate una per una con i loro nomi, sono capeggiate da Calliope, che per la prima e ultima volta suona una siringa. Nell’arte antica, infatti, ella suona un altro strumento musicale, come la lira, che le permette di cantare con la “bella voce” mentre suona, oppure esibisce gli attributi della scrittura poetica, come la tavola cerata, lo stilo o la pergamena. Anche nell’immaginario medievale ricorre quest’ultimo attributo, spesso sostituto, sopratutto in età moderna, da uno o più libri della grande letteratura epica. Infatti, come tramanda un celebre carme mnemonico sulle muse, “carmina Calliope libris heroica mandat”. La longevità di questa tradizione è testimoniata dalla voce dedicata a Calliope nella seconda edizione ampliata dell’“Iconologia” di Cesare Ripa (1603), dove per la musa si segnalano come attributi tre volumi, ovvero l’Odissea, l’Iliade e l’Eneide. Tuttavia, Raffaello nel suo “Parnaso” della Stanza della Segnatura conferisce a Calliope, assisa alla destra di Omero, una lunga tromba che simboleggia la fama della poesia epica, già attribuita a Calliope dal padre Giovanni Santi nella cappella delle muse nel palazzo ducale di Urbino.
(Claudio Castelletti)
Il progetto è finanziato da Lazio Innova – Regione Lazio