Plautilla Bricci, «L’architettrice» di Melania G. Mazzucco (2019)

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di Sabrina Pasquale

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Ero arrivata alla seconda parte del romanzo, quando ho deciso di andare a San Luigi dei Francesi, saranno state le nove del mattino, ancora presto per entrare in chiesa. Ero sola e mi guardavo intorno, sentivo le saracinesche dei negozi alzarsi e l’odore del caffè. Una donna si avvicina e mi chiede se sto aspettando il gruppo per Caravaggio delle nove e trenta. Oggi no, sono qui per Plautilla ho risposto. Con lo sguardo confuso sorride e si congeda verso Palazzo Giustiniani. In realtà ero confusa quanto lei.

Ancora una donna tra i racconti della Mazzucco. Un romanzo pluripremiato che immerge il lettore nel pieno della Roma di metà Seicento. Un’occasione per riportare alla luce la vicenda di una donna artista che, non diversamente da Artemisia Gentileschi, Lavinia Fontana e Sofonisba Anguissola, ha contribuito a rendere grande il nostro paese con il suo ingegno. L’architettrice punta i riflettori sull’artista Plautilla Bricci, nata a Roma nell’agosto del 1616, raccontandone in prima persona la lunghissima e intensa esistenza. La sua figura di pittrice, accademica di San Luca e, appunto, «architettrice» è stata riscoperta solo negli ultimi anni.

Suo padre Giovanni Bricci, artista poliedrico e sottostimato, la educò e cercò di inserirla nella bottega del Cavalier d’Arpino. Plautilla, vivendo nei pressi del Corso, ebbe la possibilità di frequentare molti artisti, dal giovane Giovan Francesco Romanelli, suo dirimpettaio, fino al sommo architetto Gian Lorenzo Bernini che avrà modo di incontrare presso la chiesa di Santa Maria in Montesanto. 

Dietro a questo romanzo ci sono vent’anni di studio e di ricerca. Pagina dopo pagina, il lettore inizia ad entrare in sintonia con la storia di Plautilla e con i suoi incontri tra le strade ricolme di artisti venuti a Roma nella speranza di entrare nella cerchia di Urbano VIII e ottenere qualche committenza dai suoi potenti nipoti, Antonio e Francesco. La scrittrice non manca di ricostruire, poi, gli scenari della Roma sotto il nuovo pontificato di Innocenzo X, al tempo della cacciata dei Barberini, i quali dovettero trovare rifugio presso il cardinale Mazzarino. Questi entrerà così nella vita di Plautilla, per il tramite del proprio agente Elpidio Benedetti che con la Bricci condividerà, nel racconto, alcuni intensi momenti. Elpidio è ambizioso, alla continua ricerca di un posto di prestigio nella corte di Urbano VIII Barberini; lavorando a Roma ai servizi di Giulio Mazzarino, si occupa principalmente di acquisizione di opere d’arte e libri, ma questo suo ruolo lo costringe al celibato; nonostante questo manifesta negli anni un vivo interesse per Plautilla.

Quando il libro è stato presentato alla Fondazione Zeri di Bologna, la storica dell’arte Vera Fortunati ha apprezzato particolarmente il romanzo, non solo per il suo stile di scrittura, ma anche per il fatto che le fonti storiche vi sono state interpretate con una sensibilità e profondità talvolta ignote agli stessi studiosi di storia dell’arte. La Mazzucco, infatti, lascia parlare i personaggi in prima persona. Lei come noi vuole essere spettatrice delle vicende storiche raccontate. Così sono Plautilla, Elpidio e suor Eufrasia a raccontarci della loro vita quotidiana, con il loro linguaggio, a volte un po’ volgare, ma necessario per farci rivivere l’atmosfera di un’osteria o una bottega a Via del Babuino o lungo il Porto di Ripa Grande.

La cornice è quella della Roma cosmopolita, dove non tutti gli artisti ebbero il privilegio di lavorare con il Berrettini, il Bernini, oppure con l’instabile Borromini. Leggere della Roma durante la peste alla metà del Seicento, dell’incredulità e dello spavento della gente, della chiusura delle Mura Aureliane, dei cartelli Sanità affissi sulle case appestate, della speranza di una rinascita, riesce oggi particolarmente toccante, soprattutto dopo la terribile esperienza da noi tutti vissuta dell’emergenza sanitaria.

Il romanzo si snoda in quattro parti, ciascuna delle quali intervallata da un intermezzo che catapulta il lettore all’anno 1849, al tempo in cui Roma fu assediata dai francesi di Napoleone per porre fine alla Repubblica Romana. L’ultima settimana di giugno di quell’anno decisiva, perché i francesi danneggiarono seriamente sia Palazzo Pallavicini Rospigliosi, sia la Villa del Vascello, la cui grandiosa architettura era stata progettata dalla Bricci. La Villa, immortalata da alcuni pittori e incisori, altro non era che Villa Benedetta costruita per Elpidio Benedetti, ma questo lo sappiamo anche grazie alle ricerche d’archivio condotte negli ultimi anni da alcuni studiosi, in particolare da Consuelo Lollobrigida che, grazie alla consultazione dei capitolati della villa, conservati presso l’Archivio di Stato di Roma, è riuscita ad attribuire l’invenzione dell’opera alla Bricci, risalendo alla rarissima attestazione al femminile del vocabolo architettrice. Forse fu proprio Plautilla a scegliere il titolo di «architettrice» sul contratto. 

Protagonista di questi intermezzi è il giovane Leone Paladini, volontario garibaldino, che vedrà quel palazzone barocco a forma di vascello sgretolarsi sotto i suoi occhi.

La Bricci è nota prima di tutto per le opere pittoriche che ancora oggi possiamo ammirare per Roma. Per esempio nella cappella di San Luigi IX, a San Luigi dei Francesi, la cappella centrale della navata sinistra poco prima della celeberrima cappella Contarelli con le opere di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Chissà cosa Plautilla pensò del Merisi, lei che aveva appreso tutto dal padre che a sua volta era stato nella bottega del Cavalier D’Arpino. Filippo Titi nel 1686 così la descriveva:

«La Cappella, che segue, fu fatta fabricare con ogni maggior splendore dall’Abbate Elpidio Benedetti con l’architettura di Plautilla Bricci Romana, che fece anche quella del suo Palazzetto fuori di Porta San Pancrazio. Il quadro dell’Altare con S. Luigi, & altre figure è opera galante della medesima Plautilla».

Anche Antonio Nibby nel 1838 affermò che la cappella fu fatta edificare da Elpidio Benedetti con architettura di Plautilla Bricci romana. 

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