«Se solo fosse il contrario!» – “Il ritratto di Dorian Gray”

by admin
0 comment
alt="wilde"

di Claudia Ippoliti

“Il ritratto di Dorian Gray” è il capolavoro di Oscar Wilde. L’intera opera si sviluppa su un binomio: l’idea di eternità del ritratto del giovane Dorian, opera ferma e immutabile, e quella di mutamento e decadimento naturale del corpo del protagonista. «Com’è triste, io diventerò vecchio, orribile e terrificante. Ma questo ritratto rimarrà sempre giovane. Non sarà mai più vecchio di questo particolare giorno di giugno…».

È forte in Dorian Gray il desiderio di scambiare il suo destino con quello del quadro: «Se solo fosse il contrario! Se fossi io a rimanere sempre giovane, e il ritratto a invecchiare! Per questo, per questo darei qualunque cosa! Sì, non c’è niente al mondo che non darei! La mia stessa anima darei per questo». È in tale concetto che risiede l’entità dell’opera di Wilde, nonché uno dei principi su cui si basa da sempre il genere del ritratto nell’arte. 

A tal proposito, a mio parere, è possibile introdurre un ritratto di uno dei più rilevanti artisti di sempre, “Uomo dal guanto” di Tiziano Vecellio. Situato al Louvre e realizzato intorno al 1523, tale ritratto, ripropone un giovane dall’aspetto bello e all’apparenza puro, proprio come viene descritto all’inizio dell’opera Dorian Gray. Il giovane immortalato da Tiziano ha lo sguardo rivolto verso sinistra, non diretto allo spettatore, l’atteggiamento è inquieto, misterioso. Indossa un guanto nella mano sinistra, la stessa che regge anche l’altro, la mano destra, invece, è nuda appoggiata sull’abito. Anche questo è un aspetto importante, in quanto potrebbe far riferimento al diverso temperamento del giovane: pulito e oscuro al contempo. 

Temperamento che possiamo riscontrare nello stesso Dorian Gray, un personaggio affabile, sereno e buono prima che l’opera scateni una trasformazione interiore, la quale lo porterà gradualmente ad avere un animo crudele e malvagio. 

Un altro ritratto significativo del pittore veneto è il “Ritratto di Federico II Gonzaga”. Situato nel museo del Prado, a Madrid, venne realizzato nel 1529. L’opera vede effigiato il duca di Mantova Federico II Gonzaga, il quale indossa una casacca lussuosa e ha una barba folta. Un aspetto più maturo del giovane del dipinto “Uomo dal guanto” e lo sguardo è rivolto all’osservatore. Un elemento rilevante però accomuna entrambe le opere in analisi: il duplice carattere del giovane. La mano destra, infatti, accarezza un docile cagnolino, l’altra, invece, impugna una spada. 

Ritratti diversi, ma simili nella psicologia, collegati nella duplice essenza dell’animo dei personaggi. I due capolavori di Tiziano e il ritratto di Dorian nel romanzo hanno, inoltre, in comune l’eterna bellezza che non abbandonerà mai il dipinto, mentre il soggetto ritratto muterà con il tempo e forse verrà dimenticato. L’opera resterà bellissima e intatta per sempre.

Il concetto di bellezza esteriore come specchio di quella interiore è un argomento che assume un significato particolare nel romanzo. 

«Il peccato è qualcosa che si scrive sul volto di un uomo. Non si può nascondere. La gente a volte parla di vizi segreti. Ma queste cose non esistono. Se uno sciagurato ha un vizio, si vede nelle linee attorno alle labbra, nella piega delle palpebre, perfino nella conformazione delle mani».

La straordinaria bellezza nel volto del giovane Dorian, rimasta inalterata come fosse una tela, è una specie di strana stregoneria.  Ecco perché, nel finale del libro, Dorian vede come unica soluzione la distruzione del dipinto, divenuto ormai un’ossessione. E quel taglio al suo stesso volto sulla tela, per una specie di gioco beffardo, porterà alla fine del fascino estetico, della giovinezza, ma anche della sua stessa vita.

You may also like