“La Natura Esposta” di Erri De Luca

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di Loriana Pitarra

Premessa

Il racconto ha origine, come spiegato nella premessa, da una storia ascoltata e inizialmente dimenticata, ma poi ripresa e infine rielaborata su carta. Lo scrittore esprime dunque la sua gratitudine allo scultore Lois Anvidalfarei, che quella storia tempo addietro gli aveva raccontato, e orienta i suoi lettori allo stato d’animo con cui affrontare il testo. 

Motivazione personale: nonostante il libro non abbia suddivisioni interne, a mio parere potrebbe essere ripartito in “percorsi” che accompagnano via via il lettore ad una conclusione e riflessione emotiva.

Prima parte

La prima parte narra la storia di quest’uomo che abita in una zona montuosa vicino al confine di Stato. È un uomo di mezza età che conosce bene i sentieri e i boschi di questa zona così impervia e tortuosa. Lui insieme ad altri due amici, rispettivamente un fabbro ed un fornaio, accompagnano, in cambio di denaro, i migranti oltre il confine italiano. Ovviamente la loro è un’attività totalmente illegale. Ma un giorno una televisione straniera viene a cercarlo lì nel suo villaggio, poiché uno dei tanti uomini che aveva scortato era scrittore ed aveva pubblicato un libro in cui raccontava il suo gesto misericordioso. Infatti, quest’uomo era stato accompagnato oltre il confine, ma una volta arrivato lo scultore gli aveva restituito i soldi della traversata: tale evento scatenerà il disprezzo in tutti gli abitanti del villaggio, in quanto il loro piccolo paese e la loro attività illecita era stata portata alla luce. D’indole mite, l’uomo si lascia alle spalle la quotidianità, trasferendosi vicino al mare e andando incontro ad una nuova sfida…

Seconda parte

A seguito del suo trasferimento, lo scultore cerca un incarico, fa il giro di botteghe e chiese per sapere se c’è qualcosa da aggiustare, fin quando non entra in una grande chiesa. Da qui inizia il dialogo con il parroco, il quale gli affida la rimozione di un panneggio apposto su una statua in marmo, precisamente un crocifisso a grandezza naturale, conservato in una rimessa, nel cortile della canonica. La scultura sembra del Rinascimento, tanta è la sua bellezza, ma invece è di un’artista dei primi del Novecento, che, avendo in prima persona vissuto gli orrori della guerra, è riuscito a portare la visione di un corpo sofferente. Considerato un capolavoro degno di un maestro rinascimentale, il Gesù crocifisso deve ritornare ad essere come il suo autore lo aveva concepito, nudo, poiché è la stessa nudità a rappresentare l’apice della vulnerabilità della figura cristica. La chiesa è consapevole dell’enorme valore artistico e attraverso l’opera vuole avvicinare in modo nuovo e naturale la verità del sacrificio. 

La scultura, all’epoca, suscitò un grande scandalo, giacché mostrava la “natura esposta” in un crocifisso. 

«In quel corpo morente si manifesta un principio di erezione».

«il condannato sta morendo, è agli spasmi che spesso culminano in una erezione meccanica. Il cuore spinge i colpi terminali, il sangue resta ingolfato al centro, il fiato esce per non ritornare. Il giovane corpo smette di resistere alla pena. Il collo non regge più il peso della testa che scende sulla spalla sinistra sopra il cuore. Lo scultore ricorda i corpi dei coetanei uccisi, l’ingorgo di circolazione che si manifesta con la morte».

«Qui sta raffigurando la morte di un’atleta sotto sforzo».

Terza parte

La terza parte è inclusa nella seconda, a mio parere è ben distinguibile, soprattutto, è il cuore del libro. Lo scultore parla della compassione che si prova nei confronti di un corpo nudo, che sentiamo la necessità di coprire, paragonabile al sentimento del suo rifiutare i soldi della tratta del migrante che ha accompagnato all’inizio del libro. Da qui parla della sua ex compagna della quale è follemente innamorato, ma da cui viene lasciato a causa della sua bassa stima. La compagna credeva nel suo talento artistico e lo spronava a fare di meglio e a farsi conoscere, tuttavia lui non si sentiva all’altezza.

Lo scultore continua a trovare elementi visibili solo al tatto, come: la pelle d’oca, le squame di pesce ai piedi del cristo, i chiodi incisi a formare delle lettere, le ferite profonde ecc.

Inoltre, vi è la sua visita/studio al Museo archeologico di Napoli, dove si reca per capire la differenza tra i nudi pre e post-cristiani, come riprodurre il “pezzo” mancante della statua e quali siano le giuste dimensioni.

Ultima parte

Nell’ultima parte vi sono riflessioni, modifiche e dettagli riguardanti la “natura esposta” che, una volta conclusa, sarà unita al resto dell’opera, ma in cui il protagonista troverà una difficoltà sovrannaturale che lo costringerà a chinarsi ai piedi del Cristo e a vederlo finalmente con gli occhi di un devoto.

Riflessioni personali

In questo libro, l’arte diventa per il protagonista il potente strumento con il quale entrare in empatia con gli altri uomini, seppur diversi (il parroco, il vescovo, il rabbino e l’operaio algerino musulmano), con lo scultore autore del crocifisso e con la figura cristica. L’arte riassume qui la rivoluzione culturale avviata dallo scultore soldato attraverso la sua rappresentazione di Gesù, poi ripresa dal protagonista nella sua opera di “svelamento”, ed è sinonimo di catarsi e non di fama: il restauratore, terminata la messa a punto della scultura non aveva voluto, infatti, che la sua identità fosse resa nota.

L’opera d’arte condensa la sofferenza di tutti i tempi, da quella descritta da Primo Levi in Se questo è un uomo a quella patita oggi dai naufraghi senza più dimora ed è in grado di trasmettere il suo esistere, un sentimento di misericordia che raramente sentiamo di fronte alle reali tragedie contemporanee. L’incredibile paradosso del crocifisso, e di tutte le opere d’arte, è quello di riuscire a veicolare in maniera magistrale il significato della realtà che ci circonda e che ogni giorno ci sfugge. 

Il libro sfiora, non con false ipocrisie, il dramma dei migranti, i loro mille modi di morire e di sopravvivere in un mondo insensibile e opportunista. Dopo aver compiuto il restauro, il protagonista avrà ulteriormente compreso anche le ragioni e le frustrazioni di quelle persone che aveva aiutato a varcare il confine italiano.

La Natura Esposta ricorda ai lettori l’importanza dell’osservazione, non solo delle opere d’arte, ma di tutto ciò in cui siamo immersi ogni giorno e ci ribadisce la necessità di sviluppare un pensiero profondo e consapevole sulle questioni che apparentemente non ci riguardano. La Natura Esposta vede il sacro e il profano alimentarsi dalla stessa umanità, racconta la vera solidarietà, senza mai menzionarla, e ci rammenta che i confini sono una nostra invenzione. 

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