“La Natura Esposta” di Erri De Luca

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di Federica Comito

La Natura Esposta è un libro edito nel 2016 da Feltrinelli, opera dello scrittore, poeta e giornalista Erri De Luca. Come l’autore stesso scrive nella premessa, si tratta di un racconto teologico che proviene da un ascolto. La storia gli viene raccontata dallo scultore del bronzo Lois Anvidalfarei.

Al tema principale del restauro si intrecciano gli argomenti cari allo scrittore: la fragilità e l’importanza dei rapporti umani dall’amore all’amicizia, la montagna e le scalate, Napoli, città della religione che «non proviene dall’alto dei cieli, ma dalle viscere della terra», i migranti in transito e l’ebraico antico che ritroviamo sulle testate dei chiodi: «A un Adam mi hai abbandonato». Ecco la colpa dell’uomo che ritorna nel racconto, dalla crocifissione di Cristo ai giorni nostri. Tutti noi siamo Adamo. 

Il protagonista è un ex minatore sulla sessantina, scalatore, scultore e restauratore. Durante l’estate, per i turisti, costruisce delle composizioni fatte di pietre e legno che poi espone alla sua bancarella, talvolta le regala. Emigra forzatamente dalla montagna ad un paese di mare spinto dall’odio dei compaesani, dovuto alla natura stessa del protagonista che scopriamo essere profondamente umana. Infatti, egli, in quanto guida oltre il confine italiano, insieme ad un fabbro e a un fornaio, per numerosi migranti scappati dalla guerra, è solito restituire il denaro ai poveretti in fuga. È a questo punto che viene costretto ad abbandonare la sua casa sotto minaccia dei suoi “colleghi” e si trasferisce al mare, dove intraprende un nuovo progetto lavorativo come restauratore: il suo compito è quello di rimuovere il panneggio applicato su un Cristo nudo crocifisso. Le vicende quotidiane dell’uomo ruotano attorno a questo restauro, in particolare si troverà a lavorare da zero «un blocco di alabastrino scolpito con intensa precisione» probabilmente risalente al Rinascimento. Durante il periodo di restauro inizierà una sorta di muto dialogo tra il restauratore e il crocifisso e con l’autore che lo aveva realizzato durante la Prima Guerra mondiale. Era stato proprio dalla sofferenza, dal dolore, dalla morte, dalla presenza dei giovani corpi sui campi di battaglia che l’autore originario aveva imparato a conoscere il corpo umano in ogni sua torsione, stiramento, tensione. È forse proprio la modernità di un crocifisso nudo che si presta a rappresentare i giovani corpi distrutti, ad omaggiarli. Il Gesù crocifisso deve ritornare ad essere come il suo autore lo aveva concepito: nudo, perché è solo così che si mostra tutta la vulnerabilità di Cristo come uomo. «La nudità del crocifisso suscita l’antica pietà per la natura indifesa. […] lo strazio della posizione crocifissa culmina in quella parte denudata». Cosi come nudo è stato ritrovato il cadavere dell’autore, in montagna: «si tratta di volontà d’imitazione. La statua ha la pelle d’oca». «Qui non assistiamo a una lezione di anatomia, ma all’esperienza di una identificazione fisica tra soggetto e autore. Non ha usato modelli, non ha scaricato su un altro la sofferenza della posizione per copiarla a distanza. Si è perseguitato, più che allenato, per raggiungere il traguardo dell’imitazione».

La vera protagonista è l’arte, che fa da tramite tra realtà opposte e riesce ad unirle. L’arte diventa per il protagonista lo strumento con il quale entrare in empatia con gli altri uomini, seppur diversi, con lo scultore autore del crocifisso e con la figura di Cristo. Uomini appartenenti a culture diverse lo guideranno attraverso nuovi significati dell’opera e della religione.

Il libro sfiora in maniera quasi velata, come velata è la natura del crocifisso, il dramma dei migranti. La Natura Esposta racconta, senza mai menzionarla, la vera solidarietà, quella che non si dice, che rimane nascosta ma che smuove le coscienze rammentandoci che i confini sono una nostra invenzione e che i limiti possono essere superati come si valicano le montagne. «La provi per la prima volta questa misericordia? La imparo davanti a questo crocifisso nudo. Non prima per un corpo vero? Non così forte. [..] Deve essere l’effetto che fa l’arte: supera l’esperienza personale, fa raggiungere al corpo, ai nervi, al sangue, traguardi sconosciuti. Davanti a questo moribondo nudo si sono commosse le mie viscere. Mi sento un vuoto in petto, una confusione di tenerezza, uno spasmo di compassione. Ho messo la mano suoi piedi, per riscaldarli», si legge nel volume. Il protagonista entra in empatia con la statua, ha il desiderio di scaldarlo. Prova compassione. 

Sembra di percorrerli davvero quegli stretti sentieri di montagna, un passo indietro alla nostra guida, senza sentirne la fatica. Come trascinati seguiamo le vicende del protagonista, capiamo le sue scelte, il suo timore di non essere abbastanza, il suo atteggiamento umile di fronte all’opera. È forse proprio l’atteggiamento dell’uomo, il modo di porsi in relazione alle cose la chiave del romanzo. È solo quando cambia il proprio atteggiamento nei confronti del Crocifisso che la parte restaurata si unisce perfettamente al resto del corpo senza più opporre resistenza: «Eseguivi il lavoro con orgoglio e sei stato respinto. Devi eseguirlo in tremito». 

In questa storia la superficie del marmo rivela a chi la tocca la sua profondità: «non per lo spettatore che osserva, ma per chi si avvicina, attraversa il confine della distanza e arriva a toccare con mano. I segni sono per chi è disposto a farsi contagiare». Forse qui è nascosto un altro messaggio, quello di non guardare da lontano quei problemi che sembrano non riguardarci, non rimanere indifferenti. Farsi contagiare appunto, perché potrebbe nascerne qualcosa di meraviglioso.

Varie piste si intrecciano, forse poco approfondite, in maniera un po’ confusa nel finale: la montagna e i migranti, Napoli il restauro, la donna amata, la donna misteriosa e il mancato attentato (perché?).

Un libro fatto di azioni, sensazioni, contraddizioni ma soprattutto di riflessioni intense. Il protagonista indaga l’animo umano attraverso se stesso con la pazienza di ascoltarsi e cercare di capirsi, si interroga e ci interroga. Il lettore non si accorge nemmeno dello sfogliare delle pagine, siamo dentro la storia. Siamo dentro la stanza del restauro, siamo nella casa fredda di montagna, siamo sul sentiero innevato; sempre un passo indietro al protagonista. Viviamo le scelte, siamo una presenza costante, siamo il fratello gemello morto, nella sua testa.

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