“Il castello di Otranto” tra realtà e romanzo

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di Rachele Mesi

Quante volte ci è capitato di ammirare un’opera che sia pittorica, scultorea o architettonica, osservarne i minimi particolari chiedendoci com’è mai possibile che un semplice essere umano possa creare ciò? Aveva uno scopo realizzarla? Ma soprattutto, ha un valore l’uso che se ne fa? E se ce l’ha, quale sarebbe? Prendiamo in considerazione un’opera architettonica realizzata tra il 1484 ed il 1498 per ordine del re Ferdinando D’Aragona, che, oltre ad avere una sua struttura ed un suo stile, aveva un importante valore d’uso: l’opera in questione è il famoso castello di Otranto, costruito allo scopo di difesa dagli attacchi nemici in caso in guerre, o rivolte. 

Il castello di Otranto è la fortezza dell’omonima città sita in Puglia, in provincia di Lecce.

L’ingresso del castello è rivolto a nord ed il suo ingresso ha un’estensione su una cortina di 20 m; due sono le torri circolari situate agli estremi: la torre che si trova a destra presenta un’altezza di circa 14 m e un diametro di almeno 21 m. La torre di sinistra ha un’altezza inferiore rispetto all’altra e il suo diametro è di 14 m.  Questa è, a sua volta, collegata ad uno spuntone tramite una cortina alta 18 m.

All’apparenza può sembrare una fortezza come altre, ma è importante ricordare che, proprio quel castello dall’aspetto affascinante, storico ma semplice, è stato d’ispirazione per uno dei romanzi più famosi ed il primo del suo genere, ovvero, il genere “gotico”.

“Il castello di Otranto” è stato scritto da Horace Walpole, (Ritratto di Horace Walpole di Rosalba Carriera, famosa pastellista veneziana, Venezia, 1675 – 1757) e pubblicato per la prima volta nel 1764, (in quello stesso anno, in Italia, vi è Giuseppe Vasi, celebre incisore nonché insegnante dell’artista Giovanni Battista Piranesi) e la cui storia trattata è ambientata all’interno del castello stesso.

Vi è come protagonista un principe, Manfredi, che insieme alla sua famiglia (la moglie Ippolita, la figlia Matilda, il figlio Corrado e la giovane fanciulla Isabella, la quale non appartiene ad essa), sono testimoni di strani eventi che accadono all’interno del castello: morti misteriose, omicidi, apparizioni di fantasmi, atmosfere cupe e lugubri ed altri particolari tipici del genere gotico. 

Nel romanzo, la fortezza è esattamente quella di Otranto e fa da ambientazione alla vicenda che si compie nei suoi spazi. Spesso nella letteratura gotica vengono usate come ambientazioni cimiteri, case abbandonate, tetri giardini e paludi lugubri, circondati sovente dalla nebbia, così da creare ansia, agitazione e senso di solitudine. 

Col passare del tempo, il castello ha mantenuto il suo ruolo di difesa contro attacchi nemici e rivolte; oggi è visto più come un monumento architettonico dal valore storico-artistico, anche se non è paragonabile al Colosseo, al Partenone oppure ad opere pittoriche come la Gioconda di Leonardo da Vinci o sculture quali il David di Michelangelo, l’Apollo e Dafne del Bernini. Nonostante tutto, vanta una discreta affluenza di visitatori.

Ai nostri occhi appare una struttura architettonica affascinante e ricca di storia, mentre, nella realtà del romanzo, il castello di Otranto fa da sfondo ad una vicenda tragica, macabra e raccapricciante al punto da renderlo, esso stesso, temibile.

È come se ci fossero due aspetti differenti che descrivono entrambi e in forma diversa il castello: quello normale nella vita reale e quello del libro, in cui la sua funzione ed il suo aspetto si trasformano.

Possiamo affermare, allora, che da una parte ci affascina e dall’altra ci intimorisce.

Nel Settecento, gli artisti inglesi, tra cui Allan Ramsay (13 ottobre 1713 – 10 agosto1784), apprezzavano il gotico descrivendolo come uno stile artistico bello ed affascinante.

Gli artisti italiani dell’epoca, invece, non la pensavano affatto così: essi lo consideravano brutto e avevano condannato i goti, accusandoli di essere loro il motivo della decadenza e della povertà culturale; perciò, si tendeva a stigmatizzare il gotico ed il Medioevo gotico. 

Allan Ramsay, era in polemica con l’artista e incisore Giovanni Battista Piranesi (4 ottobre 1720 – 9 novembre 1778), discutendo sull’arte e sul Medioevo: egli, infatti, riteneva che l’arte italiana fosse falsa, dato che gli artisti italiani non dimostravano spontaneità e modernità, di cui Ramsey era amante.

Per concludere, vorrei affermare che ho sempre trovato questo romanzo, “Il castello di Otranto”, una storia affascinante ed interessante, esattamente quanto il genere storico, artistico e letterario stesso. Come si è già citato prima, è incantevole il modo in cui l’atmosfera che emana da un monumento possa cambiare dallo stile originale e riuscire ad adattarsi, come in questo caso, allo stile gotico.

La vicenda umana di questa famiglia colpita dalla sventura, la presenza dei fantasmi all’interno di quelle mura, il lacrimevole susseguirsi di eventi tristemente negativi trasformano le mura di questo castello nella cornice ideale e la splendida fortezza diviene essa stessa protagonista.

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