L’imperatore Adriano è l’emblema del principato di adozione

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Daniele Mariani

L’imperatore Adriano è l’emblema del principato di adozione. Nacque nel 76 d.C. e nel 97 d.C. fu adottato da Nerva; morì nel 138 d.C. dopo aver adottato, a sua volta, Antonino. Le vicende che ne riguardano la vita sono molte, ma sicuramente la più incisiva resta l’amore verso il giovane Antinoo, che aveva sacrificato la propria esistenza per lui. Sempre in onore di Antinoo, non fece realizzare solo statue, ma addirittura una città che definì “la più cara” e che chiamò Antinopoli.

Antinopoli sorgeva vicino al luogo nel quale il giovanetto amato si era tolto la vita pensando di trasferire tutte le sue energie ad Adriano stesso. Essendo la città chiusa tra un fiume e rocce, quest’ultimo cercò di arricchirla. Promosse la costruzione di un tempio, scelse personalmente le statue, il nome dei rioni e addirittura disegnò le colonne, che nella sua immaginazione dovevano rappresentare filari di palme. La struttura era quella di un quadrilatero quasi perfetto e la via trionfale andava dal teatro greco al sepolcro. L’imperatore fece copiare molti dei capolavori qui rappresentati per averli nella propria villa. Desiderava, infatti, vivere circondato dall’armonia del passato e dai racconti orribili di questo, come la rappresentazione di Marsia scorticato. Egli era convinto che l’arte fosse perfetta e ammirava Prassitele e Skopas, i grandi dell’arte greca, mentre sembrava non interessarsi molto ai ritratti. Riteneva il ritratto una specie di racconto, una copia di poco valore che rappresentava in modo irregolare volti e sembianze molto più belle. Tale fatto si accentuò alla morte di Antinoo: nessuna delle sue effigi soddisfò l’imperatore, anche se in fondo in tutti trovava qualcosa del giovane.

Una città intera tentava di celebrare Antinoo, eppure Adriano non era ancora appagato e perseverava nel perseguimento di una perfezione quasi irraggiungibile. Da qui il cambio di materiale usato: dalla pietra al bronzo oppure al marmo, molto più lucido e morbido. Sempre da queste indagini si ebbe il continuo arricchimento di Antinopoli, definito un “continuo peristilio”, cioè una ricerca continua di perfezione attraverso colonnati e spazi. Nella mente dell’imperatore la città doveva somigliare a un’acropoli greca e così fu, sebbene rimanga poco di essa. Quello che si nota è l’incessante esplorazione di forme nuove e abbondanti che potessero soddisfarlo pienamente. Lo stesso Adriano affermò, del resto, che le sue città nascevano quasi per caso: alcune da situazioni personali che lo colpivano, altre dal desiderio di rendere onore a chi lo aveva aiutato, altre ancora poiché si trovavano in qualche angolo della terra da cui era ispirato e gli faceva immaginare la città più adatta. Nel caso di Antinopoli, il terreno arido lo spinse ad arricchirla e a fare in modo che potesse essere assurta alla più prospera delle città greche. I resti pervenuti sono situati su un antico villaggio egizio (all’Egitto era collegata grazie alla via Hadriana).

Notizie di Antinopoli si trovano anche nel “Menaea Graeca”, che raccoglie le biografie di santi cristiani perseguitati sotto Diocleziano. Più tardi, Antinopoli diventò centro culturale pieno di divinità monastiche cristiane. Pur essendo stata abbandonata verso il X secolo, continuò ad ospitare un importante tempio greco-romano. Oggi non rimane molto della città antica. Al suo posto, infatti, sorge un piccolo villaggio dove possiamo vedere i resti del circo romano e di alcuni templi. Il resto è lasciato alla nostra immaginazione: l’osservatore, passando accanto a quelle rovine, vedrà quasi materializzarsi i vetusti palazzi e le strade. Ugualmente accadrà a chi, pur non sapendo nulla di Adriano e di Antinoo, crederà quasi di vederne i volti in ogni pietra antica e in ciascun oggetto. Le cose hanno sicuramente un’anima che resta lì nel tempo e risorge quando qualcuno è in grado di guardare non solo con gli occhi, ma anche con il cuore. Gli oggetti e la natura ci parlano: allora e solo allora ci rendiamo conto che tra noi e loro c’è e ci sarà sempre un legame, al di là del tempo e dello spazio.

Sitografia
Busto di Antinoo scolpito in marmo di Carrara intorno al 131-132 e conservato al Museo del Prado,
collezione Reale.
(https://www.wikiwand.com/it/Antinoo)
Testa bronzea di Antinoo (sex. II d.C.), molto restaurata, oggi al Museo archeologico nazionale di
Firenze.
(https://www.wikiwand.com/it/Antinoo).
Mappa della città, da Google Earth.
(http://www.khekeru.ch/j_khekeru/index.php/medio-egitto/44-antinopolis/141-la-citta-di-antinopolis).
Altre vedute della città.
(http://www.khekeru.ch/j_khekeru/index.php/medio-egitto/44-antinopolis/141-la-citta-di-antinopolis).

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